A Napoli, la “questione sociale” è il sottofondo di ogni discorso sulla città. Come emergenza infinita, violenza latente, sofferenza data e ricevuta. I suoi protagonisti sono costantemente sotto lo sguardo pubblico. Eppure, il suo nucleo resta un tabù: negato, immutabile, inalterato nel tempo. Nessuno si interroga sulle sue ragioni, sulla sua essenza. Non diventa mai una questione politica. Per individuarlo e portarlo alla luce, più che gli strumenti che abbiamo ereditato da Marx potrebbero esserci utili quelli che ci ha lasciato Frantz Fanon.
Le storie di Pio, lavoratore precario nell’industria del turismo, quella della famiglia di Ugo, in cerca di verità e giustizia dopo l’omicidio del ragazzo, infine quella dei disoccupati organizzati in lotta da anni per un lavoro dignitoso, rispecchiano tre movimenti di un’unica traiettoria, che accomuna le vite degli invisibili, dei senza voce della città.
Incanalati fin dalla nascita su un binario morto, dei suoi tentativi di scartare di lato, della differenza che esiste tra il farlo da soli e unirsi agli altri, ai propri simili e ai diversi da sé.
Non c’è bisogno di una laurea per accorgersi che la propria vita è priva di sbocchi. E, d’altra parte, si dovrebbe vivere da eremiti per riuscire a sottrarsi ai messaggi ossessivi che provengono dalla società degli integrati: fai soldi, ottieni successo, consuma senza limiti, o non sarai niente. Eppure, nonostante tutto, alcuni sanno sottrarsi, sanno riconoscere la trappola dell’autodistruzione.
Stringono i pugni, abbassano lo sguardo e accettano quel che c’è; fanno piani nella loro testa, tengono vivi i sogni, e intanto non si “integrano”. E poi ci sono gli altri. Quelli che si bruciano tutti i ponti alle spalle, quelli che vorrebbero tornare indietro ma ormai è troppo tardi. Sono quelli che daranno e riceveranno dolore, che andranno a sbattere da soli contro un muro o saranno ridotti alla resa con la forza.
Non ci sarà nessuna integrazione. Gli invisibili dovranno uscirne tutti insieme oppure non ne usciranno. Le strade dell’emancipazione dovranno cercarle da sé, oppure insieme a chi avrà ancora la forza di accompagnarli per un tratto: senza riserve mentali e senza appuntarsi medaglie. Dovranno fare da soli, ma non dipende solo da loro.
