Gli ultimi giorni dell’umanità

di Enrico Ghezzi e Alessandro Gagliardo
sperimentale, Italia, 2022, 200’

diretto da Enrico Ghezzi e Alessandro Gagliardo
con Aura Ghezzi
con le voci di Adelchi Ghezzi, Enrico Ghezzi, Toni Servillo
musiche originali Iosonouncane
suono Giuseppe D’Amato, Alessandro Gagliardo, Marco Saitta
a.c.l. Renato Berta
assistente al montaggio Olimpia Pierucci
collaborazione al montaggio Maria Hélène Bertino, Dario Castelli, Donatello Fumarola, Rosa Maietta, Gabriele Monaco
studio del materiale d’archivio e metadatazione a cura della redazione eccedance
allestimenti e scenografie Gianvito D’Orio, Luca Serafino, Maria Vittoria Rossi
grafiche e titolazione Gregorio Turolla
traduzioni e sottotitoli Silvia Maglioni e Graeme Thomson
produttore Gabriele Monaco
produttore esecutivo Armando Andria
produttore esecutivo associato Donatello Fumarola
una produzione Matango con Rai Cinema e Luce – Cinecittà
in associazione con Minerva Pictures Group, Cinedora, Parallelo 41 Produzioni
con il contributo di Regione Campania - Fondazione Film Commission Regione Campania, Film Commission Torino Piemonte - Piemonte Doc Film Fund, Regione Lazio – Fondo regionale per il cinema e l’audiovisivo
con il sostegno di MART – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto e di Matera Productions

Gli ultimi giorni dell’umanità è un film di montaggio, strutturato a partire da eterogenei materiali d’archivio che in vari tempi e luoghi sono stati acquisiti, digitalizzati, archiviati, metadatati e lavorati. Il punto di partenza e l’ossatura del film è l’archivio privato di enrico ghezzi, che documenta una vita camera alla mano, tra dimensione intima e pubblica, tra la fine degli anni ’70 e i primi anni 2000.

Il panorama delle vicende umane incontra l’uomo con la macchina da presa. Il suo campo da gioco non ha confini, la sua curiosità non ha misura. Personaggi, situazioni e luoghi si accampano nel vissuto di un’umanità che è al contempo colei che vede e la cosa vista. Ma cosa sono gli ultimi giorni di questa umanità? Sono già trascorsi? Sono adesso o da venire? Nell’attesa gli astronauti dell’Atalante, nei loro sogni prometeici, incontrano la propria immagine in una bolla d’acqua. Il pilota spinge il suo bolide alla follia, in soggettiva, tra paura e desiderio. Lungo i tragitti dei piroscafi a mare aperto, una carezza, un affetto. Allo specchio, camera in mano, si verifica, certo sempre incertamente, la propria cattura dentro quella corta, troppo corta, unità di tempo. Ma quello che abbiamo imparato è che non c’è una durata. Tutto quello che toccano diventa tempo, diventa azione, attesa e speranza, ricorda Demetra all’umano affaccendarsi. Frammento di frammenti. Per compiere un gesto che sfugga la malinconia e la giochi in un movimento addirittura impossibile. Il teatro di Marte di Kraus non ha ancora aperto, eravamo occupati ad anarchiviare. E questo dramma non può avere altro spettatore che l’umanità.

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